Cassazione civile, sez. VI-3, ordinanza 28 settembre 2020, n. 20339
Non l'assenza di riscontri diagnostici strumentali impedisce il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, ma piuttosto l'assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purché in quest'ultimo caso munito dei requisiti di cui all'art. 2729 c.c. A confermarlo è la Cassazione con ordinanza n. 20339 del 28 settembre 2020.
E’ stato ripetutamente affermato in giurisprudenza che il danno alla salute può essere provato con fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali e che non vi sono limiti normativamente imposti alla risarcibilità del danno. Ciò che è indispensabile, e trova conferma nelle norme indicate nell'epigrafe del mezzo impugnatorio, è che il risarcimento di qualsiasi danno (e non solo di quello alla salute) presuppone che chi lo invochi ne dimostri l'esistenza "al di là di ogni ragionevole dubbio"; per contro, non è nemmeno pensabile che possa pretendersi il risarcimento di danni semplicemente ipotizzati, temuti, eventuali, ipotetici, possibili, ma non probabili. Tale conclusione trova fondamento dal punto di vista letterale nella definizione normativa di danno biologico, essendo tale solo quello "suscettibile di accertamento medico legale", cioè quello la cui esistenza sia dimostrabile non già sulla base di mere intuizioni, illazioni o suggestioni, ma sulla base di una corretta criteriologia accertativa medico-legale. Tale criteriologia non si limita ovviamente a considerare solo la storia clinica documentata della vittima.
Essa ricorre, altresì, all'analisi della vis lesiva e della sintomatologia, all'esame obiettivo, alla statistica clinica, tant'è vero che un corretto accertamento medico-legale potrebbe pervenire a negare l'esistenza di un danno permanente alla salute (o della sua derivazione causale dal fatto illecito) anche in presenza di esami strumentali dall'esito positivo (come nel caso d'una frattura documentata radiologicamente, ma incompatibile con la dinamica dell'infortunio per come emersa dall'istruttoria); così come, all'opposto, ben potrebbe pervenire ad ammettere l'esistenza d'un danno permanente alla salute anche in assenza di esami strumentali, quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti, ai sensi dell'art. 2729 c.c., dell'esistenza del danno e della sua genesi causale".
Alla luce dei rilievi che precedono, deve darsi in questa sede continuità ai precedenti giurisprudenziali, ribadendo che l' accertamento del danno alla persona non può che avvenire servendosi della rigorosa applicazione dei criteri medico-legali fissati da una secolare tradizione: e dunque l'esame obiettivo (criterio visivo); l'esame clinico; gli esami strumentali.
Il Tribunale non si è attenuto a tali principi, al contrario, ha negato che un danno micropermanente possa essere accertato e quindi risarcito in assenza di diagnostica strumentale, ritenendo di condividere la consulenza tecnica nella quale si affermava che i danni permanenti lamentati fossero insuscettibili di accertamento strumentale. Tale valutazione ha effettivamente violato l'art. 138 cod. ass., perché ha escluso la risarcibilità d'un danno "suscettibile di accertamento medico legale", sol perché quell'accertamento era stato compiuto senza l'ausilio di indagini strumentali.
Ma, per quanto detto, non l'assenza di riscontri diagnostici strumentali impedisce il risarcimento del danno alla salute con esiti micropermanenti, ma piuttosto l'assenza di una ragionevole inferenza logica della sua esistenza stessa, compiuta sulla base di qualsivoglia elemento probatorio od anche indiziario, purché in quest'ultimo caso munito dei requisiti di cui all'art. 2729 c.c.